di Riccardo Maria Monti*
Una serie di imponenti trend geopolitici come la Belt & Road Initiative,
il raddoppio del Canale di Suez, il gigantismo navale, la pacificazione avviata in Siria e Libia, il tema degli approvvigionamenti energetici e i nuovi flussi migratori stanno riportando prepotentemente al centro dell’attenzione il Mare Mediterraneo. Questa ritrovata centralità rappresenta un’opportunità unica per i porti e le infrastrutture del Sud Italia, che tradizionalmente ha avuto difficoltà a valorizzare la sua posizione perdendo quote di mercato verso i porti e la logistica di altri paesi e del Nord Italia.
Nuove infrastrutture fisiche e logistiche debbono essere pensate e realizzate con le migliori tecnologie disponibili al fine di creare sviluppo e benessere in una logica di mutuo interesse per tutte le nazioni coinvolte.
L’industria della logistica, dei trasporti e del mare in generale va quindi considerata non solo come un enorme volano di sviluppo ed occupazione ma anche come il principale strumento per recuperare un ritardo storico, nello specifico la limitata presenza del Sud nelle filiere globali ed il suo modesto contributo alle esportazioni italiane.
Il comparto della logistica, elemento indispensabile nelle supply chain moderne, è uno dei settori a maggior potenziale di attrazione di capitali e dove con maggiore facilità si possono costruire grandi progetti di investimento nazionale ed internazionale, a maggior ragione nel Sud.
A questo proposito numerosi fondi di investimento, infrastrutturali ma non solo, cercano sbocchi adeguati ed il Sud Italia, che finora non è riuscito ad intercettarli a causa del suo deficit di sviluppo, si candida ad approfittare – complice anche la favorevole congiuntura che vede operativo a breve il Recovery and Resilience Facility – di una occasione storica per colmare il suo divario industriale.
Non possiamo nasconderci che si tratta di una corsa contro il tempo. Il ritardo inaccettabile dei collegamenti ferroviari dei Porti del Sud Italia, associato alla inspiegabile lentezza nell’attivazione delle ZES, che create nel 2017 sono ancora de facto non operative (?!) rende l’ecosistema dei porti meridionali non attrezzato a cogliere la sfida. Ora è il momento per riprogettare la mappa infrastrutturale del Mezzogiorno, mettendo in collegamento le grandi infrastrutture portuali, in primis Napoli, Gioia Tauro e Taranto, con un moderno asse viario su gomma e ferro per accelerare lo sviluppo del Paese tutto. In questo senso gli interporti, in primis la struttura di Marcianise con la sua massiccia e moderna infrastrutturazione, rappresentano uno snodo fondamentale per costruire una nuova economia della logistica sostenibile ed integrata in una logica di interoperabilità con i grandi porti del Mediterraneo e con il Canale di Suez. Questo permetterebbe di innescare un meccanismo occupazionale moderno, con una economia di light transformation in regime import export che vada al di là delle tradizionali attività manifatturiere.
Parliamo della creazione di nuove professionalità tecnologicamente all’avanguardia, valorizzando le tante risorse umane del Sud Italia rimaste sino ad oggi inespresse. Una sfida decisiva da cogliere.
Adesso o mai più
*Presidente Interporto
Sud Europa